Il cervello coglie nella musica le emozioni sottese.
Lo fa allo stesso modo in cui comprende i sentimenti di una persona dalla voce.
La musica è sempre stata presente nella mia vita. Ma, contrariamente a molte persone, non sono mai riuscita a utilizzarla come sottofondo. Mi ha sempre distratta, coinvolta. Come se da un punto di vista sia emotivo che razionale prendesse il comando e ogni altro compito che volessi svolgere contemporaneamente all’ascolto divenisse secondario.
Risultato? Ne sento meno di quanto vorrei..
Nei giorni scorsi ho letto la notizia che sono stati realizzati due studi dal Dipartimento di Psicologia di Milano-Bicocca coordinato da Alice Mado Proverbio, professoressa di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica e pubblicati su iScience e sull”European Journal of Neuroscience in cui sono state messe a confronto le risposte del cervello a vari stimoli acustici.
In pratica, hanno studiato le risposte del cervello agli stimoli di tipo acustico/emotivo attraverso 128 sensori metallici posti sul cuoio capelluto di 60 studenti universitari, confrontandole con risonanze magnetiche di archivio del Montreal Neurological Institute e con l’interpretazione emotiva libera di altri 32 ascoltatori.
Cioè hanno fatto ascoltare a tutte le 92 persone
- frasi con tono e contenuto emotivo chiaro (apprezzamento o disprezzo come: tutti mi criticano… sono molto bravo..)
- parole neutre nei toni e nei contenuti (nomi comuni di cosa: sedia cavallo finestra),
- vocalizzi spontanei (ohh, ah! , gridolini di sorpresa , risate o pianti/lamenti).
- Inoltre, dopo aver trasformato digitalmente le voci e le parole in melodie eseguite al violino o alla viola/violoncello, ne hanno fatto ascoltare la “musica” . In particolare in questa trasformazione i suoni emotivamente negativi erano in generale in tonalità minore o più dissonanti rispetto a quelli percepiti positivi.
La musica è una lingua emotiva
La scoperta è stata che le caratteristiche emotive (positive/negative) venivano tutte riconosciute, anche se con tempi differenti (molto velocemente i vocalizzi, a seguire il linguaggio verbale e con pochissimo scarto la musica strumentale).
Infatti, dopo 500 ms al massimo, il cervello produceva “risposte bioelettriche” simili tra loro per i tre tipi di segnale (vocalizzazioni, linguaggio, musica): ne dava un significato emotivo univoco.
I neuroni estraggono le emozioni dal ritmo, dagli accenti, dalle sillabe, dal tono della voce e allo stesso modo elaborano suoni musicali traendone significato di allegria o tristezza (o ansia, paura, eccitazione… ).
In conclusione ci sono sistemi neuronali nella corteccia fronto/temporale specializzati nel raccogliere il suono ed il relativo contenuto affettivo che il cervello poi elabora come messaggio emotivo.
Perciò possiamo concludere che la musica è una lingua emotiva quasi universale e innata, e il cervello registra gli stimoli suggeriti.
E le reazioni alla musica prescindono dall’età e dall’estrazione culturale dell’ascoltatore.
Lo studio è stato applicato in un ambito etnico occidentale, sarebbe da sviluppare anche in ambienti etnicamente misti. La prossima volta.
Nel mio piccolo, deduco però che il mio sistema neuronale addetto a questa funzione.. funziona alla grande! Raccolti i dati li passa alla parte emotiva (**) che come sappiamo è dominante.
Semplificando, succede che se la musica è “rasserenante” ne voglio ancora di più, se “stimolante” mi coinvolge e mi porta ad aspettarne la risoluzione mentre la mia capacità di concentrazione si riduce drasticamente.